domenica 21 marzo 2010

Corso di obbedienza 5° lezione



Un'ape ha deciso di assaggiare questi delicati fiori primaverili, sono le prime avvisaglie di una stagione che si è fatta attendere a lungo.


Gran bella lezione, quella di venerdì scorso. Appena arrivato noto che Judi ormai riconosce benissimo il posto, e nel momento in cui inizio a parcheggiare dà segni di eccitazione crescente: tira come una matta, vuole scendere nel campo, e appena varcato il cancello la devo liberare perchè non sta più nella pelle dalla gioia. Con i presenti è abbastanza sciolta, Ale e Aldo riescono perfino a darle dei bocconcini e ad accarezzarla tranquillamente. Noto anche che più aumenta la sua serenità, più i giochi con gli altri cani diventano intensi. Già Pierangelo mi ha fatto notare che Judi dà chiari segni di voler dominare, anche se non proprio su tutti, almeno su alcuni cani, e perfino con Dea ha tentato, per un paio di microsecondi, di tenerle il fianco. Ovviamente, data la sua storia particolare, giudico assolutamente positivo tutto questo e lo considero un suo lento riappropriarsi del proprio carattere.
La lezione si sviluppa, con il gruppo storico ricompattato, sui contenuti già visti: "piede", "alt", "seduto", e probabiilmente questi saranno i contenuti anche delle prossime lezioni. Anche Lillo, il bassethound, rientrato dopo un'assenza, sembra gradire la compagnia e il clima è sereno.
Poi viene il momento di fare un esercizio sull'attaccamento e lì ci siamo commossi tutti.
Siamo tutti schierati in un'unica fila, e Pierangelo ci spiega come si sarebbe svolto l'esercizio: lui sarebbe venuto da uno di noi, avrebbe preso il guinzaglio mentre noi avremmo dovuto invitare al gioco il cane, cercando di eccitarlo il più possibile, poi avremmo dovuto correre via chiamandolo a gran voce. Pier avrebbe trattenuto il cane mentre noi correvamo via, e il cane avrebbe dovuto tirare molto il guinzaglio. Poi L'addestratore avrebbe lasciato improvvisamente il guinzaglio, mentre noi, accosciati, avremmo chiamato a gran voce la povera bestia. A quel punto, ci dice Pier, il cane dovrebbe venire da voi come un lampo. Il cane infatti teme più di ogni altra cosa l'abbandono da parte del padrone e l'addestratore sfrutta questo per rafforzare ancora di più il legame di attaccamento.
Pronti via!
Parte prima Tesla, Pier la trattiene mentre Ale scappa via chiamandola. Tutti osserviamo in silenzio, perfino i cani sembrano attentissimi. Tesla tira, Pier la lascia e Tesla trotterella allegra dalla sua padrona. Inizia dentro di noi a nascere una profonda tenerezza nel vedere il cane felice che torna dalla padrona, sentire i complimenti, vederlo scodinzolare.
Poi tocca a Judi. Io la invito al gioco, lei mi guarda eccitata. Parto come un razzo e lei si lancia felice dietro di me, ma Pier tiene saldamente il guinzaglio e qui, quando sente di essere tenuta forte dall'istruttore, Judi si blocca. Non guarda più me, abbassa le orecchie e la coda e guarda tristissima Pier che la trattiene. Io continuo a chiamarla, lei si gira verso di me, fa il gesto di muoversi ma poi si ferma ancora a guardare Pier. Mi sta dicendo che non può venire, e nello stesso tempo accetta passivamente di essere trattenuta, senza opporsi. Io insisto a chiamarla, Pier la lascia e Judi si allontana da lui velocemente e viene diretta verso di me, ma la cosa straziante è che lo fa rimanendo girata a guardare Pier, come se avesse paura che questo la rincorresse per prenderla. Io ovviamente la riempio di baci e di coccole, e lei pare rassenerarsi velocemente. Pericolo scampato, penserà!
Poi mentre la coccolo e l'accarezzo guardo gli altri cani come si comportano e sono scene bellissime. Poche immagini sono più belle e intense, per un proprietario di cane, che il vedere un cane che corre come un razzo fra le braccia del proprio padrone che lo chiama. I due pastori tedeschi lo fanno in modo veramente toccante: una freccia lanciata verso il padrone. Anche Mila fa lo stesso verso Aldo e perfino Meghi, che è legata in modo quasi ossessivo al proprio padrone, si lancia decisa. Commovente e tenero è anche Lillo, il bassethound, che trotterella verso il suo padrone, e commovente è anche sapere che quel cane, con le sue gambotte tozze e corte, si sia fatto a piedi da Caserta a Lomagna, dove poi i volontari l'hanno affidato al suo attuale padrone. Incredibile a pensarci.
Simba invece strappa una risata a tutti, perchè una volta liberato, invece di correre dal suo padrone, si lancia felice e spensierato verso gli altri cani, come se fosse stato invitato ad una festa in maschera, lasciando il suo padrone sconsolato in un angolo del campo!
Poi facciamo un secondo tentativo, dove Judi addirittura non tenta neppure di tirare il guinzaglio, si siede e guarda paziente Pier che la trattiene. Sta diventando un po' buddista, come il suo padrone. Infatti appena viene lasciata si dirige tranquillamente verso di me, con sufficienza, come se avesse avuto un piccolo contrattempo che prima le impediva di arrivare. E' incredibile e tenera la sua capacità di lasciarsi fare qualunque cosa senza reagire minimamente.
La lezione si conclude con altre camminate al guinzaglio e con il gioco finale, ma negli occhi di tutti sono impresse le immagini che ci hanno commosso poco prima. Nel silenzio generale vedere la corsa del cane verso il padrone è stato emozionante e, mi si permetta dirlo, quasi... intimo. Nel vedere quell'immagine si percepiva che il rapporto con il proprio cane è qualcosa di profondo, unico. Rapporto che viene costruito in tutti i minuti, le ore che passiamo con lui, in tutte le silenziose passeggiate, in tutte le carezze e l'affetto che ci scambiamo (perchè è reciproco lo scambio), in tutto quel prendersi cura di lui.
Che poi, ne sono sempre più convinto, è anche e soprattutto prendersi cura di NOI.
In quel momento, malgrado tutte le persone che guardavano, i due erano "isolati" da tutti, vivevano un piccolo momento di intimità, di profonda conoscenza reciproca.
E la cosa che commuoveva tanto era proprio l'essere "spettatore" di quell'incontro, più che esserne il diretto protagonista.
Vedere gli altri in quel momento intimo ci permette infatti di capire meglio quello che anche noi viviamo e questo ci commuove.
Se fossi un pittore proverei magari a dipingerlo, quel momento.
Cercherei di comunicare, a chi non vive queste esperienze, che cosa prova un uomo come me quando vede quel meraviglioso e puzzolente ammasso di pelo bianco che da più di 300 metri di distanza si lancia verso di lui in una corsa velocissima, elegante e leggera.
Quell'uomo si ferma, sorride, e cerca di cogliere al volo tutta la bellezza di quell'istante.
Perché sa, l'ha imparato da tempo, che quello è un momento perfetto.

P.S. poi quando si avvicina al cane scopre che si è appena rotolato in qualcosa di realmente disgustoso e vomitevole, e si rompe tutta la magia...

domenica 14 marzo 2010

Corso di obbedienza 4° lezione



Nella foto: in prossimità della "vasca olimpionica di Tesla", lo struzzo Giuditta infila la testa sottoterra, perdendosi il meraviglioso spettacolo delle montagne innevate.


4° lezione al corso di obbedienza. Le orde dei mongoli hanno abbandonato le radure di Lomagna, non vi è nessuna traccia di Gengis Khan e dei suoi cani, e quindi il gruppo storico si è ricompattato allegro e felice.
Pierangelo ci testa uno ad uno nella conduzione del cane, ci cazzia a dovere, ma alla fine si complimenta con tutto il gruppo: stiamo lavorando bene. Ai comandi classici già visti, "piede" e "alt", aggiungiamo il "gira" e, da oggi, anche il "seduto". Giuditta si comporta bene con i primi tre ma col "seduto" sembra non capire: se io mi metto davanti a lei, si siede perfettamente, ma se il comando lo do mentre lei è al mio fianco non c'è verso di farla sedere. Mi sgolo, ma lei mi guarda con sufficienza, compatendomi come se fossi un pazzo invasato. Pier non vuole che io le vada davanti, mi dice di tirarle la coda verso il basso, ma lei oppone una resistenza incredibile e non mi va di farle violenza, anche minima, per forzarla, quindi faccio come gli studenti: quando il Pier non mi può vedere io mi metto velocemente davanti e le do il comando. Judi sembra capire e si siede subito, così torno velocemente a posto con un bel sorriso compiaciuto sulle labbra, Judi è seduta tutta orgogliosa al mio fianco e sembriamo proprio una perfetta coppia da scena finale di un bel film strappalacrime. Roba da tramonto sullo sfondo, violini e archi in crescendo e inquadratura che parte da noi e poi si alza fino ad inquadrare tutta la valle, il mare le montagne e poi lentamente sfuma nei titoli di coda. Io l'accarezzo sul testone, le sorrido e mi pare di cogliere un guizzo complice nei suoi occhi.

Abbiamo iniziato anche noi a dare da mangiare a Judi solo cibi preparati da noi, quindi basta crocchette e basta foraggiare le multinazionali: ora si parla solo di riso, ricottine, verdure, carne cruda e cotta, e in cucina sono comparsi pentoloni e pezzettoni di carne. Ieri mentre preparavo il suo pastone con riso bollito e carne trita, la mia gatta Egle mi guardava perplessa, quindi ho provato a metterle un po' di carne trita nella sua ciotola. L'ha annusata come avrebbe fatto la regina d'inghilterra con un piatto di cavallette fritte, si è girata verso di me con aria di sufficienza e si è allontanata offesa senza neppure assaggiarla!
Due secondi dopo la stessa carne era già scomparsa, fagocitata dalle fauci di Judi!

La primavera è alle porte, la temperatura è decisamente più gradevole e i contadini hanno iniziato ad arare i terreni per la semina. Uno dei due campi delle stoppie è quindi sparito ed è venuto a mancare uno dei suoi luoghi preferiti, ma in compenso ho scoperto che Judi ama alla follia correre come una pazza nella terra appena arata, morbida e profumata, abbaiando come un ossesso. Arriva perfino, al culmine dell'eccitazione, a sdraiarsi felice nella terra calda, come se fosse sul tappeto di casa, e devo dire che in questo non ha tutti i torti. Per curiosità mi sono avvicinato a lei e ho provato anch'io a sedermi e a respirare per qualche minuto quegli odori forti, in mezzo ad un campo appena arato.
Non ditelo a nessuno: è veramente bello.

mercoledì 10 marzo 2010

Anima e Animale



"Siamo pervase dalla nostalgia per l'antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo struggimento. Ci hanno insegnato a vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l'ombra della Donna Selvaggia ancora si appiatta dentro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l'ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe."
Clarissa Pinkola Estes - Donne che corrono coi lupi


Quella notte avevo fatto un sogno strano. Avevo sognato il mio preside (!) che faceva un commento circa la pochezza dei miei genitali. O meglio, sosteneva che il mio attributo si fosse "rimpicciolito". (Si pregano a questo punto i signori lettori di astenersi da qualunque commento. Tanto le so che alle parole "mio Preside", "genitali" e "rimpicciolito" il mio analista si sta già sbellicando dalle risate, vero Sergente?).
Dunque, dicevo, ero tutto concentrato a riflettere su quel sogno strano, e camminavo lentamente nell'half pipe, quel sentiero che è fiancheggiato da rive scoscese (come una trincea, Sergente....!!). Giuditta era libera, senza guinzaglio ma con la "piuma di Dumbo", che le ricorda di tornare, e girava tranquilla annusando ogni cespuglio.
Ad un certo punto avverto la sua presenza di fianco a me, e mi accorgo che mi è sì di fianco, ma sopra la riva, più in alto riapetto a me.
E noto anche che il suo passo è esattamente sincronizzato sul mio. Per alcune decine di metri proseguiamo perfettamente affiancati, silenziosi, io sotto e lei sopra la riva, e in quel momento ho un'intuizione, una sensazione.
Ho la netta percezione che Judi sia una parte di me.
Judi rappresenta e simboleggia la parte antica e selvaggia della mia anima. Quella che da ragazzo mi faceva passare interi pomeriggi a cercare nei boschi il legno buono per fare la fionda, oppure che mi spingeva a sfidare il gelo del tardo autunno, nei campi di Masanti, a tirare un giavellotto fatto con il legno di nocciolo. Ricordo perfettamente quelle sensazioni, quel freddo sulle guance e sulle mani screpolate, l'erba bagnata e l'odore della terra fresco e penetrante. E il bisogno di stare all'aria aperta fino a quando era buio inoltrato. E il piacere del gioco e del correre e del saltare, senza nessun altro scopo se non quello di giocare con se stessi e con il mondo. E il tempo che non esisteva. Non esisteva! Il tempo era il ciclo del sole, si dormiva quando faceva buio e ci si svegliava con la luce. Si mangiava di gusto qualunque cosa e a qualunque ora. E la pioggia non ti fermava affatto, cambiava soltanto lo sfondo dei tuoi giochi. Con la pioggia si scoprivano i rigagnoli e le dighe e i canali fatti con i sassi. E le lumache, i rospi e le trote grasse e succulente che dopo il temporale diventavano voracissime. Ci si trovava nel fienile, mentre fuori diluviava, a parlare e a scambiarci informazioni proibite agli adulti, guardando le rondini allineate sul filo, a centinaia. Si guardava alla pioggia come ad una piacevole interruzione.
Si attingeva a piene mani a quell'inesauribile fonte di energia e di creatività che è l'anima selvaggia di ognuno di noi.
E adesso che sono con Judi, in contatto continuo con questo lato dell'anima, mi “RI-trovo” a sdraiarmi sulla paglia del campo delle stoppie, e a scoprire che anche in pieno inverno è calda! Mi trovo a chiacchierare con Alessandra e con gli altri padroni di cani, e con tutti, fateci caso, con tutti il clima è sempre rilassato, si sorride molto. Si scopre che camminare al freddo non solo fa bene al corpo ma ci tiene in contatto con qualcosa di antico e piacevole, aumenta l'energia e il buon umore, si è più attivi. Non solo. Ci si sporca di più, come da ragazzi, gli odori diventano più forti. Gli orpelli della vita sociale, i vestiti, il decoro, la macchina, le buone maniere, li lasciamo per quando siamo al lavoro, ma quando andiamo nei campi ci liberiamo un po' di questi pesi. Per me prepararsi a portare fuori Giuditta è come un liberarsi di un peso: sguscio fuori velocemente dai vestiti da lavoro e sono felicissimo di infilarmi, altrettanto velocemente, nei vecchi e sporchi pantaloni, nella giacca a vento conciata, negli stivaloni. Noi padroni di cani felici e felici padroni di cani, andiamo in giro per i campi conciati come dei rom, con tutto il rispetto parlando. Spaventapasseri ambulanti, vestiti di improbabili cappellacci e di guanti da poche lire. E tutto questo lo trovo incredibilmente liberatorio ed energetico.
La presenza di Judi ha creato un ponte tra me e la mia anima selvaggia attraverso il quale vengono portate a galla energie che credevo scomparse.
Forse, dico “forse”, gli animali in genere e quelli domestici in particolare, hanno proprio questo scopo: tenerci in contatto con il mondo sommerso e selvatico della nostra anima, anche senza esserne del tutto consapevoli, non importa.
E’ per questo che il legame con Giuditta diventa sempre più forte. So che attraverso lei sto tornando a casa, in quel luogo antico e indescrivibile dove abita il mio essere animale, il mio animus, il mio spirito.
Dove dimora il mio anemos, il mio vento.
Il mio soffio vitale, la mia aura.
Il principio della vita, di cui talvolta percepisco la presenza ma che, come tutte le cose essenziali, risulta invisibile agli occhi.


P.S. So che il Sergente a questo punto, pensando al mio sogno, ha un sorriso sornione sul viso e gli occhi che gli brillano, o mi sbaglio?

lunedì 8 marzo 2010

Corso di obbedienza 3° lezione



Terza lezione con fuori programma da brivido.
Avete presente Gengis Khan? Un tipo come quello di Mulan, per intenderci. Ebbene Gengis Khan venerdì è venuto per iscriversi al corso. Pantaloni in mimetica militare, giacca verde militare, colbacco tipo esploratore dello Yukon in pelo di chissà quale bestia, stivaloni, mani in tasca, tono un po' saputello e arrogante e al guinzaglio un cane tipo Husky o Samoiedo o qualcosa di simile. Cane meraviglioso e fiero, ma che nelle mani di un simile personaggio può diventare tranquillamente un'arma impropria.
La lezione inizia con un capriccio di Judi che non si fa prendere dal sottoscritto. Pierangelo mi guida passo passo e con i suoi consigli nel giro di pochi minuti la prendo tranquillamente, imparo in un attimo che con le giuste mosse e con tranquillità posso prenderla facilmente: prima lezione!
Una volta schierati iniziamo un lungo e intenso training, dove i cani lavorano contemporaneamente, ognuno col proprio padrone, e il ritmo è intenso. Pierangelo ci guida sapientemente e osservo che nei nostri confronti ha proprio il piglio del capobranco, ci sta proprio facendo capire cosa vuol dire fare il capobranco. Nel tono della voce, nello sguardo, nel portamento e nella gestione dello spazio fisico, ci sta proprio dicendo: "io sono il vostro capo, qui comando io"
Infatti io e Ale ci becchiamo subito un cazziatone perchè non eravamo in riga e, guarda un po', reagiamo proprio come i nostri cani: abbassiamo subito la testa e con la coda tra le gambe chiediamo umilmente scusa! Seconda lezione.
Al momento della pausa ci ricorda di lasciare liberi i cani e ci ri-spiega in dettaglio cosa fare in caso di litigi. Forse ha già annusato l'aria....
Judi, Tesla e tutti gli atri, compreso un meraviglioso bassethound di nome Lillo, giocano felici e sereni, mentre il cane di Gengis Khan si aggira con l'aria di chi cerca la rissa. Infatti poco dopo trova sulla sua strada Simba, il labrador agitato di cui ho già raccontato la volta scorsa, un cane allegro e giocherellone, vivace e indisciplinato, con un padrone calmo e silenzioso. Simba non ci sta a farsi mettere i piedi in testa e inizia in breve una feroce rissa, dove il Kan di Gengis Khan (...bella, vero?) ha la meglio, riesce ad agguantare il collo di Simba e sembra volerglielo strappare via. Subito intervengono il padrone di Simba e..... Pierangelo! Perchè Gengis Khan, sempre con le mani in tasca, si limitava solo a gridare NO al suo cane! Pier cerca di dividerli e poi urla al Mongolo (inteso come etnia...): "PRENDI IL TUO CANEEEE!!!" Segue una serie di parolacce in brianzolo che non posso citare, se non un "PORCA SIDEELA!!!" (letteralmente "porco secchio!") urlato più e più volte, mentre il Khan di Khan continuava a tenere saldamente fra i denti la gola di Simba. Una volta separati i cani Pierangelo gliene dice quattro al tipo, e tutti i presenti, pietrificati dalla scena, si augurano di cuore che non venga più accettato al corso. Qualcuno gira per raccogliere le firme per cacciarlo via...
Il padrone di Meghi (in dieta, poverina!), guarda laconico la scena della rissa e proclama sottovoce: "io non ci vengo più al corso se quello resta".
Si controllano le eventuali ferite a Simba, ma con gran sollievo di tutti scopriamo che la pelle del labrador è veramente resistente: ha solo un piccolo graffio su un orecchio. In più lui sembra aver già recuperato il suo solito umore allegro, mentre gli altri animali sembrano aver compreso tutto, infatti non gioca più nessuno, e in breve torniamo tutti al lavoro.
Pier ci guida ancora con serenità, anche per lui l'episodio è chiuso. Terza lezione. Recuperare subito la calma in simili situazioni è veramente notevole.
Continuiamo a lavorare senza soste, "piede" "gira" "alt", i cani sembrano già migliorare a vista d'occhio e il resto della lezione fila via liscia liscia. Alla fine i cani sono abbastanza stanchi, infatti non ci si ferma molto a giocare, e alle 6 siamo tutti già in macchina, rilassati e soddisfatti.
Le successive ore Judi le passerà invece sul tappeto davanti al divano, in catatonia letargica...